Pensieri Sanremesi

Rebecca Trucco

“Persona con handicap”.
Così Amadeus si è riferito più volte a Donato Grande, campione della Powerchair football e attaccante della nazionale italiana, ospite a Sanremo.
Partendo poi in un’arringa poco avvincente sulle “difficoltà che incontrano i ragazzi COME Donato.” Responsabilità non solo delle istituzioni, ma anche nostra: “Quando occupiamo un posto auto destinato ai portatori di handicap, quando occupiamo un posto davanti ad un portone o un cancello, decidiamo che ragazzi come Donato non possano vivere la vita che devono vivere.”
Il tutto coronato da una pacca sulla spalla di Zlatan Ibrahimovic che si congratula per la bravura di Grande dopo qualche palleggio scambiato sul palco.

Nulla vi suona strano nelle orecchie? Non vi arriva un senso di disturbo nello stomaco?
Proviamo a fare chiarezza sul retaggio culturale che questi sei minuti si portano dietro e confermano, senza alcuna riflessione critica, in prima serata su rai1.

Donato Grande non “soffre…

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Revenge porn sui gruppi Telegram: riflessioni di un uomo femminista

Visto che questo post è venuto piuttosto lungo, avevo pensato di realizzare un video con più o meno gli stessi contenuti: così magari chi il post non lo leggerebbe potrebbe guardare il video.
Ops, il video è venuto fuori di 40 minuti.

Ormai comunque il video l’ho girato (male) e l’ho montato (peggio), quindi lo pubblico in ogni caso. Se preferite lo trovate anche su Facebook o su Instagram.


Premessa

È emersa negli ultimi giorni la notizia di un gruppo su Telegram dedicato al revenge porn con più di 40.000 iscritti. Per chi non lo sapesse, Telegram è un servizio di messaggistica analogo a WhatsApp in cui però è possibile nascondere il numero di telefono e comparire solo con un nickname (quindi capite bene che per questi contesti si rivela particolarmente adatto).
Questa notizia ha iniziato a circolare sui social e in seguito se ne sono occupati anche alcuni giornali: vi lascio il link ad un articolo di Wired di venerdì 3 aprile.

Negli scorsi giorni ho visto passare l’argomento sui social, principalmente storie su Instagram, ma senza approfondire particolarmente. Ieri sono entrato un po’ più in contatto con la questione, perché ho effettivamente visto alcune delle storie che affrontavano il tema. Sono andato allora a vedere se Il Post (il mio giornale di riferimento) avesse pubblicato un articolo a questo proposito ma, non avendo trovato nulla, ho rimandato a più avanti un approfondimento su questa notizia senza cercare oltre. Il punto è che inizialmente non mi sono sentito particolarmente toccato da questa notizia, pur comprendendo e condividendo le reazioni arrabbiate che avevo letto e sentito.
Verso l’ora di cena la mia compagna mi ha inviato un post su Instagram di un ragazzo che né io né lei seguiamo, ma che aveva scritto alcune riflessioni su questo argomento soffermandosi in particolare sul ruolo dei maschi. 

Ho ripubblicato quel post in una storia perché condividevo quello che avevo letto, ma senza stare a pensarci troppo: ad esempio non ho aggiunto considerazioni personali e in quel momento non avevo ancora approfondito la notizia principale (le informazioni che avevo in mio possesso erano principalmente ricavate dalle reazioni della gente). In generale, comunque, non sentivo questo tema particolarmente vicino. 

Dopo meno di un’ora ricevo questo messaggio su Instagram dalla mia amica Francesca.A questo punto ho iniziato a pensare a questo argomento in modo molto più serio, perché sono rimasto molto colpito da questa risposta. E sono andato avanti per un bel po’, rielaborando pensieri e discutendone con la mia compagna, fino a quando ho deciso di mettere ordine nella mia testa e di condividere queste riflessioni con tutti voi.

Le domande a cui rispondere

Il punto fondamentale da cui partire è quanto sia stato importante per Francesca vedere un maschio parlare di questa situazione, nonostante non mi fossi neanche scaldato così tanto sul tema. La conversazione è proseguita, le ho risposto inviandole le storie su questo argomento di Adrian Fartade (divulgatore scientifico molto attivo sui social, le storie le trovate in evidenza sul suo profilo Instagram), per provare a dimostrare che qualche uomo che se ne occupa comunque c’è, fortunatamente. Questa è la sua replica e poi c’è la mia risposta.

Da qui ho iniziato a ragionare, anche perché ero insoddisfatto della risposta che avevo dato, non mi sembrava esaustiva. Le domande da cui sono partito sono due.

  • Perché pochi maschi commentano l’accaduto?
  • Perché le ragazze in media a questa notizia hanno una reazione incazzata e noi uomini inizialmente no? (Per me almeno è stato così.)

Queste sono le conclusioni a cui sono arrivato, anche grazie ad un confronto con Marta, la mia compagna, che sono anni ormai che mi sta istruendo sulla via del femminismo.

Gli uomini

Partiamo dalla prima domanda, partiamo dai maschi. Per semplificare la riflessione dividiamo in modo sommario tutto il genere maschile in quattro gruppi (sì, lo so, la realtà è molto più complessa e stratificata di così, ma seguitemi in questo ragionamento).

Il Gruppo A è costituito dagli uomini che rappresentano il problema principale: persone che erano in quel gruppo su Telegram e persone che portano avanti la stessa agenda anche senza essere in quello specifico gruppo. Quarantamila (40.000) persone sono tantissime, ma purtroppo non tutti i molestatori hanno Telegram e là fuori ce ne sono ben di più.
Il Gruppo A nel mondo maschile è chiaramente una minoranza a livello numerico ma questo non sminuisce il danno che questi uomini possono infliggere. Su questa categoria non ci sono grandi riflessioni che si possano fare, se non augurare un buon lavoro alla Polizia Postale. 

Il Gruppo B è quello della zona grigia. Ecco alcuni esempi.

  • Persone che non hanno mai avuto direttamente comportamenti scorretti, ma magari hanno assistito a episodi simili senza reagire oppure sanno che dei loro amici non sono estranei a episodi di questo tipo. Non hanno mai inviato in giro delle foto che erano destinate ad essere private, ma magari le hanno ricevute in qualche gruppo WhatsApp e sono stati zitti senza replicare in alcun modo.
  • Altri uomini del Gruppo B ritengono che tutto questo polverone sia esagerato, in fondo sono solo ragazzate o goliardate, non è nulla di così serio; oppure (in uno scenario più ottimistico) loro capiscono perché si stia parlando del problema, ma non si schierano per non sembrare dei bacchettoni davanti ai loro amici. 
  • Un sottogruppo del Gruppo B sono gli indignati: “Non tutti gli uomini sono così”, “Io non ho mai molestato nessuno” (bravo, eccoti una medaglia), “Dovrei sentirmi in colpa se altri si comportano così?”.
    L’esempio culmine di questo sottogruppo è rappresentato in questa storia di Adrian.

Gli uomini del Gruppo B sono parte del problema, anche se indirettamente e in modi diversi. Quelli citati nei primi esempi contribuiscono a creare una zona cuscinetto fra il Gruppo A e il resto del mondo, facendo sentire le persone del gruppo A legittimate ad agire in quel modo. I maschi del sottogruppo invece se la prendono con chi denuncia il problema (di solito le donne, le vittime di questa situazione) perché si sentono attaccati (povere stelle) anziché affrontare il problema stesso.
Agli “indignati” voglio proporre infine questi spunti di riflessione della pagina “Cara, sei maschilista”, per verificare se effettivamente non abbiate mai fatto nulla di sbagliato.

Il Gruppo C è quello degli uomini più consapevoli (magari più abituati a riflettere sulle questioni di genere, sul femminismo, sul sessismo), che però non reagiscono in modo particolare a questa situazione. Sono i maschi che:

  • non molestano le donne, neanche virtualmente;
  • cercano di reagire alle situazioni di sessismo a cui sono esposti direttamente;
  • comprendono che tutta questa situazione che è emersa sia un problema, non la minimizzano;
  • non si sentono attaccati in quanto uomini dalle reazioni incazzate a questa notizia.

Eppure, nonostante queste premesse, non scrivono nulla sull’argomento, non approfondiscono particolarmente e in generale non si sentono troppo coinvolti.
Io stesso – giovane uomo femminista – ero parte del Gruppo C: ci ho messo diversi giorni prima di attivarmi e se non avessi avuto la risposta di Francesca forse non sarei mai andato oltre alla condivisione di quel post. Gli uomini del Gruppo C, pur comprendendo razionalmente che la situazione emersa da questi gruppi Telegram sia grave, non hanno una reazione emotiva quando apprendono questi fatti perché non si sentono toccati direttamente. Non sono complici (in alcun modo, neanche indirettamente come i maschi del Gruppo B) e proprio perché hanno la coscienza pulita non si sentono chiamati in causa e non intervengono nel dibattito perché non ne sentono il bisogno. 

Il Gruppo D è composto dagli uomini che si schierano apertamente contro questo schifo (è il caso di chiamarlo così), come ad esempio Adrian, Riccardo Onorato (il ragazzo di cui ho condiviso il post da cui è partito il tutto) e (dopo un po’ di tempo e di sforzi) anche il sottoscritto. 

Per rispondere quindi alla domanda di Francesca (“Su 400 persone che seguo, circa la metà sono uomini, possibile che a NESSUNO di loro sia minimamente balenato per la testa di anche solo commentare l’accaduto?”), volendo sperare che fra i suoi contatti non ci sia nessun uomo del Gruppo A, escludendo i maschi che neanche sono venuti a sapere di questa notizia (che comunque già di per sé è un problema), gli altri si dividono fra Gruppo B e Gruppo C: qualcuno è complice di questo mondo, magari anche in modo inconsapevole, gli altri sono estranei a queste mentalità ma non sentono il bisogno di schierarsi e di dirlo apertamente.

Le donne

L’altra domanda a cui ho cercato di rispondere è stata: perché, a differenza degli uomini, di solito le donne hanno una reazione incazzata a questa notizia? 

La risposta è al tempo stesso molto semplice e molto stratificata: le donne reagiscono così perché si sentono vittime di questa situazione, anche se le loro foto non sono effettivamente girate in quel gruppo, e questo succede perché TUTTE LE DONNE, IN QUALCHE EPISODIO DELLA LORO VITA, SONO STATE ESPOSTE A EPISODI DI MOLESTIA O VIOLENZA O SESSISMO. Quindi, anche se in questo singolo caso non hanno subito molestie, empatizzano con le vittime perché sanno personalmente cosa significhi essere in questa situazione. (Sex Education S02E07 docet. Chi ha Netflix recuperi questa serie).
La reazione è di solito incazzata perché una cosa del genere è la goccia che fa traboccare il vaso: un conto è la singola molestia, ma 40.000-50.000 uomini organizzati in modo sistematico per molestie online è obiettivamente un altro livello. Volendo fare un’analogia un po’ azzardata, è la differenza che passa fra un singolo omicidio e un attentato terroristico, organizzato e premeditato da un nutrito gruppo di persone, che finisce per causare una strage: entrambi episodi orribili, eh, ma il secondo caso è certamente più grave. 

Un altro elemento di riflessione importante mi è arrivato quando Marta mi ha raccontato la propria reazione alla scoperta del gruppo.
Dopo l’incazzatura iniziale, non ha potuto fare a meno di pensare che in quel gruppo, o in altri gruppi analoghi, potrebbero girare delle foto di chiunque, anche sue o di ragazze e donne a noi care. Nell’articolo di Wired infatti è spiegato che non vengono condivise solo foto intime o personali, ma anche immagini rubate dai profili social. In altre storie hanno raccontato che venivano condivise foto scattate per strada.
Nessuna donna può considerarsi al sicuro da questo tipo di molestie e di attenzioni indesiderate: per ciascuna di loro quindi la scoperta di questo gruppo non è solo causa di rabbia e di indignazione in generale, ma è una questione che le riguarda da vicino.
Un uomo non avrà mai questo tipo di preoccupazione, ed è proprio questo il punto. 

Il vissuto personale

La differenza principale che emerge fra uomini e donne è quindi quella del vissuto personale e, per come è strutturata la nostra società, è inevitabile che sia così. 

Ne avevo parlato sul questo blog quasi 3 anni fa, partendo da episodi accaduti alla mia compagna che, postando annunci online per dare lezioni di inglese, riceveva risposte di questo tipo.

Cito alcuni stralci da quel post, perché sono ancora attuali. 

Sono femminista perché quando ho postato online annunci per lezioni di chitarra non sono mai stato contattato da qualcuno che mi proponesse invece “altri lavoretti”, di “fare massaggi” o direttamente se ero interessato a diventare il loro scopamico. […]
La questione maschile di cui parla Civati include anche questo: noi maschi, uomini e ragazzi, neanche ci rendiamo conto di tutte le molestie (piccole e non) a cui è esposta l’altra metà del cielo. […] L’unico modo che abbiamo per venire a conoscenza di tutto questo è quando le nostre amiche, sorelle, fidanzate ci raccontano alcuni di questi episodi, introducendoci ad un mondo che neanche pensavamo esistesse.

È colpa nostra quindi? No, non è colpa mia se altri uomini sono dei molestatori e non posso farci niente se il mio vissuto, per come è fatta la nostra società, è molto meno problematico di quello di una donna.
Quello che però non è più accettabile per noi uomini – e qui prendo in prestito i pensieri di Diana Piras (su Instagram @hello_policose) – è cadere dal pero. D’accordo che di solito i maschi non hanno esperienze dirette e personali di questo tipo, ma non possiamo più ignorare che questi episodi succedano.
Il primo step quindi è ascoltare e diventare maggiormente consapevoli del mondo che ci circonda, anche dei suoi lati negativi, anche dei lati negativi che colpiscono solo l’altro sesso. Ignorare certe situazioni non ci porterà da nessuna parte e l’ignoranza su alcune realtà o episodi ad un certo punto diventa parte effettiva del problema.

Cosa fare?

Dopo questa presa di consapevolezza, quindi, cosa possiamo fare come uomini per attivarci in questa situazione? Cosa dovremmo fare?
Gli uomini del Gruppo B devono darsi una smossa e smettere di essere sessisti (che lo facciano consapevolmente o meno) e già quello sarebbe un passo in avanti. Per i maschi del gruppo C invece abbiamo visto che può essere normale non avere una reazione di pancia a questa notizia, in fondo nel vissuto medio maschile episodi di molestie sono quasi inesistenti (ho detto vissuto medio, non rompete le scatole). Però non serve essere stato coinvolto in prima persona in una molestia per rendersi conto che se ti capita è uno schifo.
Quello che serve quindi è uno salto di qualità che prevede:

  • o di riuscire ad empatizzare con questi problemi, anche se non si hanno esperienze personali analoghe, e a quel punto le nostre reazioni saranno guidate da un input emotivo (spoiler: anche noi possiamo incazzarci per questa storia);
  • oppure di reagire unicamente in modo razionale, anche se non si sente la questione “di pancia”, perché si capisce che questo problema deve essere affrontato e serve il contributo di tutti, anche e soprattutto degli uomini. 

Provo ora a spiegare con un esempio perché ritengo che sia importante che gli uomini partecipino a questa discussione, anche solo dicendo “Oh, mi spiace che ci sia in giro maschi così. Spero che in futuro ce ne siano sempre meno”. 

Immaginate un gruppo di amici, composto in modo più o meno equilibrato da ragazzi e ragazze. Una di queste ragazze subisce una molestia sul luogo di lavoro: prende coraggio e decide di denunciare l’episodio, anche se sa che sarà una strada difficile. La notizia si sparge e le amiche le scrivono o la vanno a trovare per sapere come sta, per starle vicino e per darle il loro supporto visto che sarà un periodo complicato. Gli amici maschi no: non si fanno vivi, non le scrivono. Niente. Magari qualcuno non ha saputo della notizia, ma gli altri?
Come pensate che si sentirebbe la ragazza molestata? Penserebbe che i suoi amici ritengono che lei abbia fatto male a denunciare. Che magari “se l’era cercata”. Che forse aveva torto. Che non ci vuole molto a mandare un messaggio con su scritto “Oh, mi spiace per sta cavolo di situazione, fammi sapere se posso fare qualcosa” e che se un messaggio simile non lo mandi ci sarà un motivo.
Probabilmente le amiche hanno reagito in quel modo anche perché in passato hanno vissuto episodi simili e sanno come ci si sente, quindi per loro è una reazione più immediata; gli amici maschi però avrebbero potuto capire – anche senza aver vissuto personalmente una situazione analoga in precedenza – che quello vissuto dalla loro amica è un brutto momento e attivarsi in qualche modo per esprimere il loro supporto.

Bene.
Ora torniamo al punto che ho spiegato prima. Quando è emersa questa notizia, tutte le ragazze e le donne si sono sentite vittime di questa situazione, per i motivi che ho spiegato prima. Eppure hanno visto per giorni quasi solo altre donne schierarsi contro questo episodio.
Anche se questa notizia (solo apparentemente lontana) aveva un impatto diretto sul loro vissuto, quasi nessun uomo ha pensato di farsi vivo ed esprimere vicinanza.

Torniamo un momento all’esempio della ragazza molestata. Probabilmente non le interessa granché la solidarietà degli uomini in generale, per quanto potrebbe farle comunque piacere: le sarebbe invece utile sapere che gli uomini effettivamente presenti nella sua vita, come ad esempio i suoi amici, le sono vicini.
Alla mia amica Francesca probabilmente ha fatto piacere leggere le storie di Adrian che le ho inviato, perché ha scoperto che alcuni uomini hanno effettivamente preso posizione contro questi episodi. Questo però non ha alleviato il senso di solitudine che deriva dal vedere nel suo feed di Instagram nessun uomo occuparsi di questo argomento, perché quelli sono gli uomini effettivamente presenti nella sua vita ed è da parte loro che avrebbe voluto avere un segnale.

Per questo è importante che i maschi prendano posizione e si schierino, anche con un semplice e banale “Mi spiace che là fuori capitino cose come queste, anche se non capitano a me.”
Dobbiamo capire quanto siano impattanti le molestie nella vita delle donne (come diceva Diana Piras, basta cadere dal pero!) e poi dire ad alta voce che vorremmo andasse diversamente.

Conclusioni

Un paio di ultime riflessioni e poi concludo. 

Dopo che la conversazione con Francesca su Instagram mi ha attivato, sono andato a cercarmi l’articolo di Wired che avevo visto nelle storie di Adrian ma che non avevo ancora letto. E quando l’ho letto mi è salita l’incazzatura.
Perché è una storia indecente, a tutti i livelli, dal revenge porn alla pedopornografia. Perché è citato il caso di UNA DONNA, VITTIMA DI REVENGE PORN, CHE È STATA LICENZIATA da uno degli studi per cui lavorava PER DANNO DI IMMAGINE (ecco l’articolo dell’ANSA).
Quindi tutta la storia relativa al Gruppo C degli uomini, quelli che sono sensibili all’argomento ma in generale non hanno una reazione emotivo perché questi episodi sono estranei al loro vissuto personale… Be’, a volte è solo pigrizia. La mia, almeno, lo è stata.
È quella pigrizia causata dal privilegio maschile in cui ci troviamo, che ci consente di affrontare questo tema solo se ne abbiamo voglia, mentre per le donne quella delle molestie è un argomento che puoi scegliere di ignorare ma, anche se lo fai, prima o poi dovrai per forza averci a che fare, probabilmente in prima persona. (Per parafrasare un detto sulla politica, “Se non ti occupi tu di molestie, prima o poi le molestie si occuperanno di te”.)
Non hai bisogno di aver vissuto certi episodi in prima persona per indignarti, può essere sufficiente documentarsi un minimo. E se comunque sei particolarmente carente sul fronte empatico, non hai bisogno di essere incazzato per capire che questa situazione necessita di una risposta comune da parte di tutti.

L’ultimo input che voglio lasciarvi l’ho di nuovo rubato a Diana.
Questa notizia dei gruppi Telegram è solo la punta di un iceberg fatto da episodi di sessismo di tutti i giorni, mentalità maschilista e patriarcale ancora troppo diffusa, ignoranza di cosa significhi consenso, linguaggio violento e sessista, e via dicendo. Quello che dobbiamo fare, da domani in avanti, è lavorare per distruggere la base dell’iceberg, non “incazzarsi perché la punta è coperta di merda”.
Questo significa agire nella vita quotidiana su tanti piccoli aspetti: 

  • far notare il sessismo verbale spesso inconsapevole (un amico che, arrabbiato con una ragazza, le dà della “puttana” e non della “stronza”); 
  • rendersi conto del privilegio maschile che abbiamo e usarlo per migliorare i nostri contesti lavorativi (intervenire in ufficio se le colleghe di fatto non vengono prese in considerazione nelle riunioni);
  • educare i figli maschi al rispetto, anziché le figlie femmine a proteggersi (@caraseimaschilista docet). 

Gli esempi sono moltissimi, questi erano solo alcuni che mi sono venuti in mente. Fortunatamente, però, è intervenuta in mio soccorso @claudia_ska che ha spiegato nel dettaglio come agire concretamente. Vi lascio con il suo post, non senza ricordarvi un’ultima cosa.
Non molliamo: insieme, ce la possiamo fare.

https://www.instagram.com/p/B-rWdQEIVdE/

https://www.instagram.com/p/B-twR0GonTU/

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Retrospettiva sulla conduzione del Festival di Sanremo

Nelle ultime ore ho letto molti commenti e opinioni sul Festival di Sanremo che possono essere riassunti così: “Eh, ma come fai a guardare Sanremo, è uno schifo e lo è sempre stato”.

Il punto è che secondo me quest’anno c’è stato un obiettivo passo indietro.
Certo, il Festival non è mai stato un faro di progressismo e di modernità (non dimentichiamoci qual è il target principale di questo evento, di certo non persone come il sottoscritto), ma è indubbio che negli ultimi anni ci sono stati piccoli ma costanti progressi.

Parliamo per un momento della presenza femminile sul palco dell’Ariston fra conduttori/conduttrici/valletti e vallette. Guardiamo agli ultimi 10 anni.

2010 – Conduce Antonella Clerici
(!!) Una donna a condurre il Festival di Sanremo.

2011/12Conduzione di Morandi, co-conduttrici (vallette) Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis, Ivana Mrázová
Nessuna presenza femminile di spicco.

2013/14Conducono alla pari Fabio Fazio e Luciana Littizzetto
Possono starvi simpatici oppure no, ma intanto abbiamo un uomo e una donna a co-condurre il festival.

2015 Conduce Carlo Conti, co-conducono Arisa, Emma Marrone e Rocío Muñoz Morales
Diciamo che almeno Arisa e Emma non le hanno scelte solo perché erano belle.

2016Conduce Carlo Conti, fra i co-conduttori emerge la brillante Virginia Raffaele
Sempre nei nostri cuori, Virginia.

2017 Conducono alla pari Carlo Conti e Maria De Filippi
Una delle regine della tv contemporanea (che ci piaccia o no), di certo non una presenza subalterna.

2018Conducono alla pari Claudio Baglioni, Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino
Oltre al fatto che Hunziker non è solo un bel visino e basta, la conduzione di Baglioni è stata caratterizzata dal fatto che lui è stato abbastanza sullo sfondo, quindi di fatto il ruolo di Michelle Hunziker è stato ancora più valorizzato. Di fatto, è stato quasi come avere una donna a condurre il Festival.

2019Conducono alla pari Claudio Baglioni, Claudio Bisio e Virginia Raffaele
Raffaele ha un talento incredibile ed è il motivo per cui è stata scelta.

2020Conduce Amades (da solo), co-conducono 11 donne: Antonella Clerici, Monica Bellucci, Laura Chimenti, Emma D’Aquino, Rula Jebreal, Diletta Leotta, Francesca Sofia Novello, Georgina Rodriguez, Sabrina Salerno, Alketa Vejsiu e Mara Venier
Cazzo è, un harem? Ci sono anche donne di prestigio (Monica Bellucci, Antonella Clerici, Mara Venier) ma la scelta di avere così tante persone (che quindi si alterneranno fra le varie serate) fa sì che nessuna possa “rubargli” la visibilità. Tra l’altro, a co-condurre ci sono solo donne, neanche un uomo, anche se questo ruolo è stato ricoperto nei tempi recenti da persone come Favino o Bisio.
Niente di nuovo sotto il sole, ma Amadeus emerge veramente come un ometto piccolo piccolo, così insignificante che vuole evitare a tutti i costi il rischio di essere messo in ombra da qualcuno con più personalità o più talento di lui (cioè praticamente chiunque). La soluzione è quindi chiamare donne il cui lavoro è essere belle e non carismatiche (modelle) oppure se coinvolge persone più di peso (come Diletta Leotta) assicurarsi che non ci sia tutte le sere per evitare che gli rubi la scena.

Tutto questo per dire che sì, Sanremo è sempre stato uno show nazional-popolare, ma quest’anno abbiamo davvero fatto un salto indietro di parecchi anni.

Questo è uno dei motivi per cui, nel 2020, abbiamo ancora bisogno del femminismo.

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La questione maschile

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Sono femminista perché quando ho postato online annunci per lezioni di chitarra non sono mai stato contattato da qualcuno che mi proponesse invece “altri lavoretti”, di “fare massaggi” o direttamente se ero interessato a diventare il loro scopamico.
 
Se lo stesso annuncio fosse stato firmato Carla, Maria o anche Genoveffa non sarei stato altrettanto fortunato.
Perché è di questo che si tratta: fortuna. La fortuna di essere nato maschio anziché femmina, di avere un pene e non una vagina.
Nel nostro mondo occidentale ci va ancora bene: nella maggior parte dei casi si rischiano “solo” molestie, mentre in altri parti del mondo è proibito rivelare il sesso del bambino durante la gravidanza per evitare che vengano abortite le femmine (anche se, per non essere da meno, cerchiamo di tenerci in contatto con la nostra componente neanderthaliana con un bel femminicidio di tanto in tanto).
La questione maschile di cui parla Civati include anche questo: noi maschi, uomini e ragazzi, neanche ci rendiamo conto di tutte le molestie (piccole e non) a cui è esposta l’altra metà del cielo, senza nessuna colpa se non quella di essere nata con il sesso sbagliato.
L’unico modo che abbiamo per venire a conoscenza di tutto questo è quando le nostre amiche, sorelle, fidanzate ci raccontano alcuni di questi episodi, introducendoci ad un mondo che neanche pensavamo esistesse.
Non c’è nulla di nuovo che possa dire su questo tema. Molti altri ne hanno già parlato e anche meglio di me. (A questo proposito, consiglio a chi ha Netflix una puntata della serie Master of none di Aziz Ansari, S01E07).
Prima di concludere, però, voglio fare mio e sottolineare un pensiero.
“Noi non siamo così”, è la nostra prima reazione. “Alcuni uomini là fuori si comportano in modo vergognoso, ma noi no. Che ci possiamo fare? Non è di certo colpa nostra.”
No, non lo è. Ma questo non vuol dire che non possiamo dare il nostro contributo, che non dovremmo intervenire quando assistiamo ad un comportamento sessista e che non dovremmo tentare di isolare chi ancora non vuole rendersi conto di essere nel terzo millennio.
Questo non ci impedisce di essere empatici quando ci vengono raccontati episodi come quelli a cui ho accennato all’inizio e, soprattutto, ci dovrebbe assolutamente impedire di minimizzare quello che provano le persone vittime di molestie, visto che noi -per nessun merito in particolare, ma solo per fortuna- non siamo esposti a niente di simile.
Non c’era nessun motivo in particolare per questo post. Ogni tanto, però, credo sia utile dire ad alta voce qual è la nostra posizione su alcuni argomenti cruciali come questo.
Magari, a lungo andare, scopriremo a sorpresa di essere diventati la maggioranza.
#ThisIsWhatAFeministLooksLike
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La Tempesta

Insomnia Lux Mentis

Vento
Come se stesse per finire il mondo
Spazza il suolo
Sposta la polvere.
La terra profuma.
L’erba si piega
Sotto la pioggia
Il cielo
Bianco, grigio, azzurro
Si illumina di saette
E la gente esce
E guarda
E annusa l’aria
Così fanno anche i cani

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Ora come allora #diariodiunprof

Essere un insegnante per certi versi ti mantiene giovane. O meglio, ti tiene in contatto con alcune parti di te bambino che sono ancora lì, più o meno nascoste da qualche parte.
Non è così in tutto, ovviamente: a scuola ero un modesto casinista e mi trovo ora ad essere quello che deve mantenere l’ordine e anche la disciplina. Mi scopro (e a volte quasi mi sorprendo) a cercare di trasmettere ai ragazzi le basilari regole del rispetto e della convivenza civile, proprio quelle che io faticavo a rispettare quando ero studente, le stesse che renderebbero i professori molto meno credibili se gli studenti potessero assistere ai collegi docenti.

In giorni come questi, però, ecco che riaffiora un sentimento conosciuto, famigliare, quasi atavico e mai del tutto sopito nonostante gli anni passati siano molti. Un anello di congiunzione fra il me del passato e la persona che sono oggi, un punto di contatto fra lo studente del passato e il professore di adesso, quel professore che per un pomeriggio ha pensato la stessa cosa di molti dei suoi studenti: “Speriamo che domani le scuole chiudano per pioggia”.

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Il riassuntone: 1° parte (2012-2015) #diariodiunprof

Ho aperto questo blog nel febbraio 2012. Dal punto di vista strettamente cronologico, sono passati 4 anni e mezzo. Se invece guardo quanto sia cambiata la mia vita in questo periodo, il tempo trascorso equivale a svariate ere geologiche.
Questo è il riassuntone delle tappe principali di un percorso che inizia dallo studente fuori sede che ero quando ho iniziato questo blog e arriva all’insegnante che sono oggi.

***** ***** *****

Nel febbraio 2012 ero uno studente universitario al terzo anno, abitavo in collegio universitario in camera doppia con un compagno di stanza particolare e stavo con Anna da più di due anni.

Mi sono diplomato in chitarra nel settembre successivo, e a partire da ottobre 2012 ho iniziato la laurea specialistica.
Visto che quell’anno avevo perso la borsa di studio e quindi anche il collegio, ho cercato e trovato casa in affitto insieme a Valter, un mio compagno di classe del liceo. La situazione inedita di dover pagare l’affitto mi ha costretto a cercare lavoro, mentre fino a quel momento la mia politica era stata opposta (“se il lavoro mi cerca, io ci sono”). Avevo quindi solo qualche allievo di chitarra, due o tre se non ricordo male, assolutamente non sufficienti per le nuove esigenze: ho iniziato allora ad appendere annunci vicino alle scuole e, complice anche il passaparola, sono riuscito a mantenermi l’affitto abbastanza autonomamente, mentre i miei genitori per quell’anno mi hanno aiutato con le tasse universitarie.
Nel periodo fra la fine della triennale e l’inizio della specialistica, inoltre, mi sono lasciato con Anna.

Nel dicembre 2012 è uscito il bando per la laurea specialistica ad indirizzo didattico: un corso a numero chiuso, specifico per la formazione dei docenti di strumento della scuola media (quelli che lavorano nei corsi ad indirizzo musicale). Fra gennaio e febbraio c’è stato l’esame di ammissione (articolato in tre prove), l’ho superato e a marzo ho iniziato i corsi della nuova laurea abbandonando quelli che avevo frequentato fino a quel momento.

Quello che avrebbe dovuto essere un biennio didattico si è rivelato un corso molto più concentrato: inizio a marzo 2013, ci siamo diplomati a giugno 2014. Per insegnare nella scuola pubblica, ci sono delle graduatorie che si aggiornano ogni 3 anni e anche gli inserimenti dei nuovi docenti sono possibili sono in questa finestra temporale. Nel mio caso, il titolo di accesso alla graduatoria era la laura specialistica: o mi diplomavo entro il 23 giugno, o sarei stato fuori dalla graduatoria. Da qui le corse folli per concludere 120 crediti di corsi più tesi entro questa data, nonostante avessimo iniziato solamente 15 mesi prima.

In parallelo agli studi di “didattica” (il virgolettato è dato dal fatto che ho imparato ben poco su questo argomento, nonostante tre anni passati in conservatorio in corsi dedicati alla formazione dei docenti) ho continuato ovviamente a suonare, ma in particolare ho messo in cantiere un duo di chitarre insieme a Fabio, un compagno di classe (condividevamo lo stesso professore di chitarra) e di corso (anche lui era un didattico). L’estate 2014 ha visto il nostro “esordio” come duo, con un concerto dal programma molto variegato (alcuni brani validi e di qualità, altri invece pensati unicamente per essere fruibili da un grande pubblico a discapito del valore musicale), ed è proprio in quel periodo che abbiamo deciso di prendere sul serio questo nostro progetto e impegnarci per realizzarlo.

Ed è per questo motivo che io e Fabio abbiamo iniziato a cercare casa insieme.
Valter aveva quasi finito la laura specialistica, quindi non avrebbe più avuto bisogno di un alloggio a Torino. Io invece avrei dovuto frequentare il corso del TFA (tirocinio formativo attivo), il terzo dei tre anni che costituivano il percorso di didattica che mi avrebbe portato ad ottenere l’abilitazione all’insegnamento.
Dopo una parentesi abitativa temporanea di qualche mese a casa di Silvio, un altro amico e vecchio compagno del liceo, a dicembre 2014 sono entrato con Fabio nella casa dove mi trovo ancora adesso.
In questo excursus cronologico, questo è il primo evento di cui parlo (a parte la nascita del duo) che continua ad essere valido anche ora mentre sto scrivendo.

Il TFA è iniziato a novembre 2014 e si è concluso nel giugno 2015. Quest’anno accademico è stato tutto sommato affine ai precedenti, a parte il cambio di casa e di coinquilino. Dal punto di vista lavorativo continuavo a mantenermi con le lezioni private, visto che, per motivi di tempo, non potevo prendere in considerazione le convocazioni che arrivavano dalle scuole.
Con la fine del TFA si sono conclusi i miei sei anni di Conservatorio, che nel secondo triennio (laura specialistica + TFA) mi avevano visti impegnato come rappresentante degli studenti e in seguito come assistente in Segreteria didattica: sono state delle attività che si sono intrecciate molto (ho usato il lavoro in Segreteria anche per realizzare molti progetti a cui avevo pensato nei due anni precedenti da rappresentante) e che mi hanno sia appassionato che impegnato davvero molto.

Nella primavera 2015 ho iniziato a sentirmi con una frequenza man mano crescente con una ragazza, Marta: siamo usciti insieme per la prima volta a giugno e ci siamo messi insieme ad agosto. Al momento quindi stiamo insieme da un anno e tre mesi, ci frequentiamo da un anno e cinque mesi e, anche se la nostra coppia non può vantare una longevità da record, io semplicemente non riesco a ricordare come fosse la mia vita senza di lei.

L’anno 2015-16 ha smesso di essere per me un anno accademico ed è tornato ad essere un anno scolastico, visto però dall’altra parte della barricata.

[Continua…]

2016-11-18-23-07-29

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Accordare #diariodiunprof

Ottobre 2016, supplenza di chitarra della durata di un mese.
Lezione individuale con A., terza media.

– Usa l’accordatore, prof? Non accorda “a mano libera”?

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Diario di un prof.

Oggi per la prima volta dopo tanto tempo ho (finalmente) ricominciato a scrivere sul blog. A dire il vero avevo deciso da tempo di riprendere, ma si sa, fra il decidere e il fare c’è di mezzo la pigrizia l’inerzia. Per la prima volta dopo tantissimo tempo, quindi, ho riaperto la bacheca e mi sono messo a curiosare per riprendere la confidenza con WordPress.
È così che ho scoperto di avere 141 post sul blog (ma quando li ho scritti?? davvero sono così tanti?) e quanti anni ha il blog. Al che ho iniziato a scrivere.

Ho aperto questo blog nel febbraio 2012. Sono passati 4 anni e mezzo, dal punto di vista cronologico. Se invece guardo quanto sia cambiata la mia vita in questo periodo, il tempo trascorso equivale a svariate ere geologiche.

Questo è stato l’incipit di un post lunghissimo, un pippone infinito (eccolo qui!) in cui ho raccontato in sintesi (si fa per dire) gli avvenimenti principali che hanno segnato la mia vita negli ultimi 4 anni. Chi ha frequentato il mio blog in passato, di certo riuscirà a identificare i punti di contatto fra il riassuntone e alcuni post che trattavano quelle tematiche. Il Q.I., infatti, mi ha accompagnato in questi anni e spesso l’ho utilizzato per dare spazio ad avvenimenti o esperienze particolarmente significativi per me in quel momento.

Nell’ultimo anno, però, il blog è stato praticamente fermo e anche nell’anno precedente la mia presenza è stata poco più che sporadica.
Da qualche tempo, però, accarezzavo l’idea di riprendere a scrivere qui: nello specifico, ho iniziato ad aver voglia di raccontare la mia esperienza come insegnante. Fra le principali novità che ci sono state da quando ho gradualmente smesso di scrivere c’è proprio questa: ho iniziato a lavorare come professore nelle scuole medie.
Il pippone infinito è nato proprio per cercare di ricapitolare e raccontare quanto io sia cambiato da quando ho aperto il blog, quante cose siano cambiate intorno a me e come io sia arrivato alla situazione (lavorativa e non solo) attuale.

Sono stato indeciso se utilizzare questo blog o se aprirne uno nuovo completamente anonimo dove poter parlare liberamente senza problemi di privacy. Come potete vedere, alla fine ho deciso di tornare qui e quindi di essere molto attento (e vago) quando parlerò delle scuole e degli studenti, in modo da non ledere nessuno.
In questo modo posso mantenere lo stesso contenitore in cui avevo iniziato a raccontarmi tempo fa: questo blog in fondo si chiama come me, Benguitar90, ed è giusto che sia questo il luogo in cui condividere quello che al momento rappresenta una parte significativa (e secondo me, potenzialmente interessante) della mia vita.

Vedremo se questo sarà sono uno degli innumerevoli progetti che annuncio e poi non si realizza, o se invece avrà un po’ di continuità. Per adesso sono preso bene, ma non è una garanzia… 😛

A rileggerci (spero) presto, sui vostri schermi.

2015-10-01-18-16-29

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Quello che impariamo dalle persone

Tutta la tua storia e le storie che hai incontrato ti hanno portato ad essere tutto questo. Hanno creato il modo in cui ti avvicini agli altri, e i motivi per cui lo fai. Ti aiutano a correggere il tiro in situazioni difficili, a stare vicino agli altri nel modo più giusto possibile, e questo a sua volta aiuta altre persone nel loro approccio con il mondo.
E io credo fermamente che queste siano le presenze che restano, al di là delle credenze personali, della spiritualità, al di là anche del ricordo, se vogliamo. Quello che impariamo dalle persone che ci stanno o ci sono state accanto non ci lascia mai, anche nei casi in cui forse preferiremmo che non fosse così.
Ma questi sono doni che ci facciamo tra di noi in continuazione, sono possibilità, porte aperte e spinte in avanti. E anche se certe volte sembra che tutto questo non sia abbastanza, io credo che se il mondo non è fatto per spingerci in avanti l’un l’altro allora non so bene quale altro senso dovrebbe esserci.

Lux

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